“Se conquisti te stesso, allora conquisti il mondo” (Paulo Coelho).
Il desiderio di sperimentare il controllo sull’ambiente circostante è innato nell’essere umano.
Come ricorda Trabucchi, numerosi esperimenti in laboratorio hanno provato che negli animali l’avere la sensazione di controllare una situazione, come ad esempio il passaggio di lievi scariche elettriche attraverso il pavimento di una gabbia, conduce ad uno stato di salute notevolmente migliore rispetto a quello dei loro simili che erano costretti a subire l’evento in modo passivo.
Allo stesso modo, gli individui riescono ad affrontare anche difficoltà ritenute insuperabili, quando hanno il senso di controllo del contesto in cui si trovano. La cosa importante, però, non è tanto l’avere obiettivamente il controllo della situazione, quanto semplicemente esserne convinti profondamente.
Per certi versi, si tratta anche qui di mettere in atto un’efficace valutazione cognitiva, elemento che si interseca con tutti gli altri aspetti di una personalità resiliente. D’altra parte, avere una buona autoefficacia aiuta notevolmente in questo caso, perché se un soggetto non è convinto delle proprie possibilità e si sminuisce, difficilmente potrà essere certo di avere il totale controllo di un evento, anche quando magari è effettivamente così, e soprattutto non avrà abbastanza fiducia in sé per portare a termine il compito in maniera adeguata.
Avere il senso di controllo della situazione significa essere ossessivamente concentrati sui dettagli per non lasciare che nulla sfugga al proprio controllo.
Questo porterebbe inesorabilmente ad un crollo Psico-fisico nel momento in cui qualcosa dovesse andare storto.
Al contrario, un soggetto resiliente manifesta il proprio senso di controllo dimostrando una certa flessibilità di fronte agli inconvenienti che possono capitare.
L’atleta deve comunque prendere le giuste precauzioni ed informarsi su tutto ciò che potrebbe succedere durante la competizione, soprattutto quando si tratta di gare molto dure e complesse, come ultramaratone o gare nel deserto, ma deve essere consapevole che non tutto può essere controllato e che quindi alcuni inconvenienti sono imprevedibili. Quindi le convinzioni individuali di controllo condizionano il risultato finale. Se si ritiene un obiettivo irraggiungibile non si riuscirà mai a realizzarlo. La prima cosa da fare è verificare sempre sul campo se veramente la meta fissata possa essere raggiunta o no.
Si può mediare lo stress fisico avendo una convinzione di controllo: di fronte ad una difficoltà, se siamo convinti di essere in grado di controllare la situazione, sul piano fisico gli effetti di stress sono meno dannosi. Quindi ciò che è rilevante non è il controllo effettivo ma la convinzione di avere tutto sotto controllo.
I limiti del proprio fisico, della propria mente, sono qualcosa con cui gli atleti si trovano molto spesso a confrontarsi.
Spesso si tende a sfidarli, a cercare di oltrepassarli. Ma per poter riuscire in un’impresa è bene conoscersi e a capire che a volte è meglio rinunciare piuttosto che mettere a repentaglio la propria vita.
La forza di alcuni atleti che compiono imprese che sembrano impossibili anche solo immaginare è proprio quella di voler superare i propri limiti, avendo la consapevolezza di non essere superuomini e che ogni risultato necessita della giusta preparazione psico-fisica. Con l’allenamento adeguato, essi riescono a sopportare la fatica, le frustrazioni, le privazioni, non lasciandosi abbattere dai fallimenti, anzi interpretano le delusioni come occasioni per crescere e migliorarsi.
Un elemento fondamentale per riuscire a sviluppare questo atteggiamento è dato dall’ambiente culturale ed educativo in cui il soggetto è cresciuto. Gli atleti più forti sono riusciti a giungere alla concezione che per poter arrivare alla meta è fondamentale impegnarsi a fondo e che quindi la sofferenza e la fatica fanno parte della vita.
Hanno imparato che alcune cose sono impossibili da controllare e da evitare se si vuole raggiungere risultati grandiosi e che i fallimenti spesso dipendono da aspettative irrealistiche.
Effettivamente la frustrazione nasce dalla discrepanza tra risultati ed aspettative.
Quando le attese sono troppo alte, è facile che un esito negativo o che si discosta anche solo minimamente da quanto si era inizialmente previsto causi all’atleta una forte delusione.
Al contrario adottare una visione realistica della situazione, che contempli gli inconvenienti e gli eventi negativi come altamente probabili, permette di anticipare la frustrazione e di prepararsi mentalmente e fisicamente ad affrontare le difficoltà.